Le Mie Montagne by Walter Bonatti

autore:Walter Bonatti [Bonatti, Walter]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
Tags: Sports, Biographies
ISBN: 8808039080
pubblicato: 1977-12-31T23:00:00+00:00

Molti, male informati, si chiesero in seguito perché mai avessi «abbandonato» Vincendon e Henry sulla vetta del Monte Bianco. Questo può pensare solo chi non conosce nulla della montagna. In realtà avevo lasciato dietro di me i due giovani stranieri nella convinzione assoluta che avrebbero seguito le nostre tracce, che ci avrebbero raggiunti da un momento all'altro. Ne avevano la possibilità come noi, più di noi. Perché non erano arrivati? È la domanda che mi tormentò per tutta quella notte nella Vallot. Allora non potevo rispondere, come non potevo andare in cerca di loro senza esporre a morte certa non solo me ma anche Gheser. Non potevo assolutamente immaginare che Vincendon e Henry, appena rimasti un poco indietro e non più soggiogati dal nostro esempio, avessero preso la decisione pazzesca che costò loro la vita. Il fatto è che — lo seppi dopo — invece di seguirci, cedettero alla tentazione di scendere direttamente verso le luci di Chamonix, che si vedevano cosi invitanti. Era la «via facile», che avevamo già scartata insieme, di comune accordo, perché troppo pericolosa. Eppure essi decisero di prender proprio quella, senza avvisarci. Perché lo fecero? Probabilmente non erano abbastanza preparati, non dico tecnicamente ma psicologicamente, per imprese alpinistiche così impegnative. Non lo so, non lo sapremo mai. Quel che è certo è che si perdettero per un errore esclusivamente loro.

Il mattino del 27 dicembre speravo ancora avessero bivaccato poco lontano dalla vetta e che stessero per raggiungerci. Anche nella capanna avevamo trascorso una notte terribile. Il mio termometro segnava, all'interno, diciotto sotto zero. Avevamo trovato soltanto tre o quattro coperte gelate. All'alba mi affacciai: il vento, meno teso, continuava a sospingere cortine di nebbia. Soltanto in rari e brevi istanti si riusciva a scorgere la piramide del Monte Bianco. Chiamammo Vincendon e Henry senza ottenere risposta. Li attendemmo qualche ora. Le nostre condizioni erano ormai estremamente precarie, non ci consentivano di risalire alla vetta per vedere che cosa era successo ai nostri occasionali compagni. Gheser non poteva nemmeno calzare gli scarponi sui piedi congelati. L'unica via di scampo era: scendere al più presto, a qualunque costo.

Dopo aver infilato sui piedi di Gheser i calzari di piumino, li avvolsi in lembi di coperta strappati. Su quell'imbottitura fissai i ramponi servendomi, oltre che dei comuni cinturini, anche di alcuni pezzi di filo di ferro trovati fortunatamente nella capanna. Quando lasciammo la Vallot erano le dieci. Per un momento ebbi anch'io la tentazione di calare direttamente su Chamonix, attratto dalla maggior vicinanza. Ma non appena mi imbattei in un cumulo di neve fresca e fonda, mi ricordai dei pericoli valutati la sera prima. Allora senza più esitare mi diressi verso il Dôme du Goûter per raggiungere poi la cresta di Bionassay.

In certi punti la neve era tanto alta che vi affondavo fino alle anche. Per crearmi il passaggio e alzare le gambe, spesso dovevo aiutarmi con le mani. La nebbia andava sempre più infittendosi, finché ci sommerse completamente. La cresta dì Bionassay, a stento ritrovata, era tremendamente infida.

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